Le conversazioni femministe / Simona Cleopazzo

"Mai come in questo momento il femminismo è necessario". Ma cosa significa essere femministe oggi? La mia idea di femminismo è questa: innanzitutto è necessario essere più radicate non solo radicali,  dobbiamo trovare il modo per incidere nella vita concreta delle donne, agendo nel nostro contesto geografico. (Noi, di Collettiva, ad esempio abbiamo scelto di pubblicare libri necessari di donne e persone femministe). Ripartire dal contesto in piccoli gruppi di cambiamento sociale, ognuno nel proprio ambito con un piccolo cambiamento. Ho sempre considerato rivoluzionarie le donne africane, che vanno in giro, di villaggio in villaggio, a parlare di educazione sessuale, a distribuire preservativi, a bloccare le mutilazioni genitali femminili. Prendiamo spunto da loro. In secondo luogo è necessario essere inclusive, non più separatiste, il femminismo oggi è un'opportunità di crescita per tutte e tutti. Inoltre il femminismo che mi piace è quello trasversale, senza distinzione di sesso, di classe sociale, di razza, di cultura e di età. Poi vorrei essere una femminista ecologica cioè vorrei abbracciare la lotta ecologista e animalista (cerco di fare piccole azioni ogni giorno, ma questo non basta).  Molte amiche mi hanno chiesto: sì, okay, ma come si fa? Sollecitata da questa domanda, ho immaginato e poi proposto nelle case di amiche e conoscenti questo percorso di conversazione (al posto delle dimostrazioni di oggetti commerciali, dal robot da cucina ai cosmetici). Ho dato un titolo: "Dalla stanza tutta per sé al mondo, 10 passi per il cambiamento grazie alla lettura, alla scrittura e alle pratiche condivise".
Primo passo: crearsi una stanza tutta per sé, perché nella stanza che si crea il pensiero. Come ci dice Virginia Woolf (1000 penne ci aspettano se avremo il coraggio di distruggere le tremende ali). Secondo passo: essere nel mondo, comprendere il mondo per cambiarlo. Come ci dice Simone De Beauvoir: dobbiamo imparare a conoscere il nostro tempo a criticarlo e a spezzare le catene .Terzo passo: scegliere le parole giuste per dire ciò che dobbiamo dire, ce lo dice ce lo insegna Luce Irigaray (le parole che abbiamo detto scritto sinora sono le parole degli uomini). Quarto passo: scrivere il nostro manifesto, le idee devono essere scritte e soprattutto condivise (ciò che viene scritto è più importante di ciò che viene detto,  Doris Lessing ce lo insegna). Quinto passo: farci estranee alla politica degli uomini e di nuovo rileggere "Le tre ghinee" di Virginia Woolf. Sesto passo: creare la nuova consapevolezza, rileggiamo "Sputiamo su Hegel" di Carla Lonzi, la consapevolezza è indipendenza. Settimo passo: abbandonare la casa, il luogo dell' assoggettamento. La casalinga felice non esiste, dice Betty Friedan ne "La mistica della femminilità"" e ancora Angela Davis ci dice la casa è la mia gabbia". Ottavo passo: abbracciare un tema e agire! Diventare attiviste. Nono passo: desiderare la felicità per per tutte e tutti. Per esempio alzare la voce per dare voce a chi non ce l'ha, questo ce lo ha dimostrato Malala. Decimo passo: tessere la tela della sorellanza, il patto sociale. Kate Millet ha parlato di sisterhood, proprio così, l'unione tra donne al di là di qualsiasi differenza.


Scrivere di me e di tutte le donne del mondo /// Carla Maria Graduata

Primo passo: la stanza

Prima stanza a destra: l’albeggiare della mia indipendenza.

Per occhi distratti: una macchina da cucire Singer diventata scrivania, una penna Aurora Rossa, quattro quaderni Fabriano, quindici pennarelli colorati, una matita Blu.

Per gli occhi del cuore: mia nonna, le zie, la mamma, le loro voci di racconti infiniti.

Oggi, seduta a scrivere di me e di tutte le Donne del mondo, io, rinata mille volte.

La scrittura, il mio salvagente.


la mia stanza / Giulia Falzea

Sono fatta degli oggetti nella stanza.
Sono fatta della mia stanza costruita intorno alla testa:
mi appartengono i pensieri e mi appartengono gli oggetti.
Gli oggetti nella stanza dicono tutto di quello che sono e
mi raccontano chi vorrei essere. Ho quattro piccole agende:
una la uso solo per i post-it colorati, l’altra è di dieci anni fa,
conserva dentro le parole di chi ero e i biglietti dei concerti
a cui sono andata. La seconda raccoglie parole disarticolate
da ridire a qualcuno una volta a settimana, l’ultima, infine,
è fatta di giorni e impegni. Ho posizionato davanti ai miei occhi,
poggiato sulla piccola cucina a induzione, un quadro che ho fatto per sbaglio,
poco prima di uscire dal mondo. Su uno scarto quadrato di compensato
ho dipinto spirali e spirali, di molti colori che si sovrappongono, l’ho fatto
senza un piano preciso, senza dargli per forza un valore e poi l’ho chiamato:
“Istruzioni d’uso per tagliare un cordone ombelicale”. Chiamare gli oggetti per nome,
accordare loro un battesimo laico e privato. Ho l’Inferno di Dante sul tavolo,
sta lì per reggere il dorso di un altro grosso libro che leggo a piccoli sorsi.
Ho sei libri illustrati per bambini, dicono. Una bottiglia dell’acqua.
L’acqua del rubinettino che ho fatto installare appena in tempo,
che bando alla plastica. Ho una gomma nera, una matita a scatto,
una penna bic. Un mazzo di chiavi con il token, un mondo a parte.
Una confezione smezzata di nocciole della Lidl, salva fame e ansia.
Un vocabolario Zachinelli, il catalogo di una mostra vista a Venezia,
la Joie de vivre di Pablo Picasso. Scrivo con le gambe incrociate sul letto,
non perché non abbia una scrivania affollata di cose ma perché mi piace così.
Ogni tanto ho due gatti addosso, per lo più dormono, a volte mi raccontano
i loro stupori e le loro conquiste quotidiane. Gli oggetti nella stanza sanno
fare l’amore tra loro. Mi pare di averli lasciati in un modo la sera prima
e poi li ritrovo in altre posizioni, tutte sbagliate, tutte inventate.
Li lascio fare, sono fatta di cose che fanno l’amore.


tre cose di cui volevo scrivere / Flavia Santoro

Nella mia stanza ritagli di giornale su cataste sghembe.
È l’eco della vita oltre la bolla: oggi la natura respira
e noi siamo in affanno. Il sistema è male accordato,
ha un volto inumano.
Condivido l’insonnia con sorelle e fratelli sfibrati,
dal sorriso tirato e gli sguardi severi.
In tasca, stretto nel pugno, un desiderio che preme,
di leggerezza e giustizia. Per cosa passa la libertà?
Dove finiscono i sogni, tra bollette scadute
e rate del mutuo in sospeso?
Come agire perché vada bene per tutte e per tutti?
Di queste tre cose volevo raccontare da tempo.

Flavia Santoro


Pensiamoci e "resistiamo" a casa

Per noi che ci chiamiamo "collettiva" sarebbe stato impossibile ripensarci in un futuro, dopo il coronavirus, senza le relazioni e la vicinanza emotiva che abbiamo già costruito.

Partiamo proprio dalla parola collettiva. Per tutti i vocabolari è un "gruppo di persone che si riuniscono per discutere argomenti di interesse comune e produrre collegialmente documenti e proposte di carattere operativo". E infatti noi ci riuniamo, e molto. Anzi ci riunivamo, uso l'imperfetto.

Presentazioni di libri che passavano di mano in mano (anche cento persone), conversazioni sul femminismo nelle case delle persone che ci preparavano biscotti, caffè e dispensavano abbracci, laboratori di scrittura tenuti in vari luoghi, gruppi di lettura a distanza ravvicinata (ma a volte anche quattro gatti).
Ci riunivamo per riflettere assieme, per leggere assieme, addirittura per scrivere assieme.
Il decreto è stata una batosta, ma ci siamo subito adeguate per il bene di tutte e oggi "resistiamo" grazie alle relazioni che siamo state in grado di costruire ieri. Ci sentiamo molto fortunate in questo momento, (nonostante tutto) perché possiamo chiamarci, scriverci, pensarci e ripesarci. 
E usiamo la parola relazione e non rapporto (per esempio) non a caso. Abbiamo rapporti nel mondo dei social, ma le relazioni si creano tra le persone in carne e ossa e noi le abbiamo create grazie alla parola che nasceva dalle nostre bocche, dall'abbraccio dei nostri corpi, alla nostra fisicità, anche. Il nostro pensiero è sempre stato sorretto, protetto ed espresso dai corpi. 
Ne abbiamo parlato in tutti i modi. Resistenza alla guerra (ricordate le istruzioni al sabotaggio di Alba De Céspedes?), corpo, corpo, corpo (ricordate il gigantesco neo di Rossana Rossanda?), differenza tra immanenza e trascendenza (pensate qualche volta a Simone De Beauvoir?), e al corpo di Sibilla Aleramo che si squarcia per far nascere l'amato figlio? E l'aborto descritto da Annie Ernaux ne L'evento?
Il nostro è stato un esercizio di filosofia di resistenza (dalla resistenza dell'intimità a quella di relazione). Che cosa vogliamo dire? Che la condivisione dei pensieri sulla resistenza era già costruzione di un nuovo mondo, dove far sentire i nostri pensieri e le nostre azioni. In un mondo capitalistico, la fascinazione della merce (usiamo una metafora) ci colpisce solo se siamo isolate, la paura ci aggredisce solo se siamo l' una contro l'altra. La sua forza cresce se siamo divise. 
Per noi, questo non avviene, perché ci sono le relazioni che ci svelano vecchi meccanismi, perché la comunicazione e la volontà sono dirette a costruire un nuovo mondo, non riconoscendo più quello vecchio fatto di guerre e di patriarcato.
Prima di fare e di diventare comunità (ecco un'altra parola importante) ci siamo sperimentate, con le parole e col corpo.
Qual è il passo successivo? 
Quello di trasformare i nostri corpi e le nostre parole della resistenza a una nuova esistenza.
Naturalmente insieme, se vi va.
#restiamoacasa #resistenza

Il futuro sarà eco-femminista #governodilei

In questi giorni una compagnia petrolifera canadese, la X-Site, ha prodotto per i suoi dipendenti un adesivo con il logo aziendale dove Greta Thunberg viene afferrata da dietro per le trecce, con un chiaro riferimento a una violenza sessuale. È una buona occasione oggi, 8 marzo, per parlare di una corrente che evidenzia il nesso fra ecologia e femminismo: l’ecofemminismo.

Perché sempre più persone pensano che non sia più sufficiente continuare a parlare di femminismo e di ecologia, ma è importante investire sul concetto di eco-femminismo? Secondo Laura Cima, principale esponente dell’ecofemminismo italiano – già deputata, Presidente del primo Gruppo Parlamentare Verde a maggioranza femminile, con un direttivo di sole donne, e autrice di L’ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria, con Franca Marcomim – il punto è che abbattere le dinamiche oppressive che generano consapevolmente o meno il gender (anche pay) gap non basta. Dobbiamo tutti insieme, uomini e donne, ripensare il sistema nella sua complessità, partendo dallo sfruttamento del pianeta.Insomma: nella prospettiva ecofemminista il nocciolo degli sforzi non deve essere appropriarsi di un sistema oppressivo, ma riappropriarsi del potere di cambiare ciò che sfrutta le risorse in maniera eccessiva producendo vecchie e nuove disuguaglianze sociali, e le donne devono poter essere protagoniste di questo cambiamento alla stregua degli uomini.

“Finalmente si diffonde anche nel nostro paese un movimento che ha cominciato a emergere negli anni Sessanta e che oggi è ormai di estrema attualità. Su questo dobbiamo confrontarci, nel massimo rispetto delle nostre differenze e delle cerchie che frequentiamo, ma con l’urgenza che l’Agenda 2030 ci impone” spiega Cima. “Interrogarci su cos’è per ognuna di noi l’ ecofemminismo è quindi più che mai necessario oggi: i movimenti e le iniziative che riguardano la decostruzione delle relazioni di potere, di dominio, di colonialismo, lo collegano a coloro che criticano il modello di “sviluppo” e fanno della crisi ecologica, la pace e la non violenza un asse centrale.” “L’attuale dibattito femminista sull’ecologia solleva importanti e opportune questioni sull’adeguatezza teoretica delle nostra principali versioni del femminismo: liberale, marxista, radicale, socialista. […] Se l’ecofemminismo è vero o almeno plausibile, allora ciascuna delle quattro correnti principali è inadeguata, incompleta o problematica come base teoretica per l’ecofemminismo” scriveva nel 1987 la filosofa americana Karen Warren.

In questo senso si parla sempre di patriarcato, alla fine. Anche per l’ecofemminismo il problema di fondo è la catena oppressiva che origina da un sistema economico ancora fortemente patriarcale, come scriveva Françoise d’Eaubonne nel 1974 in Femminismo o morte In pieno femminismo la d’Eaubonne crea il gruppo Ecologia e femminismo all’interno del Movimento di liberazione delle donne e dà origine al termine “ecofemminismo” e al movimento. “Per le ecofemministe, la natura è stata inferiorizzata e dominata, in modo simile alle donne. Basti pensare – continua Cima – alla secolare concezione meccanicistica della natura, con un linguaggio di dominio che evoca la “conquista” di una natura definita quasi sempre come “vergine”.”

L’ecofemminismo inizia ormai sessant’anni fa, ma in Italia le cose hanno cominciato a muoversi solo dopo Chernobyl. Nel nostro paese molte donne, fra cui emerge Laura Cima, si sono spese nel movimento ambientalista e nella scommessa di una rappresentanza istituzionale delle istanze ecologiste, dando vita a un femminismo ecologista che, a partire dalle elezioni regionali nella seconda metà degli anni Ottanta e poi in parlamento e in molti enti locali, si caratterizzò presto come istituzionale.

Per approfondire la storia dell’ecofemminismo è utile il saggio di Bruna Bianchi all’interno di questa raccolta di scritti edita dall’Università Ca’ Foscari, dedicata all’argomento.

Ma oggi, dal punto di vista pratico? In Italia l’ecofemminismo sta entrando nelle discussioni di molti gruppi di femministe, racconta Cima, con l’idea di iniziare a individuare gli aspetti da cambiare a livello locale. Think global, act local. “Un gruppo di lavoro milanese a cui partecipo insieme alla Libreria delle Donne, Arcilesbica, Non Una di Meno Milano, ha lanciato recentemente l’hashtag #governodilei per raccogliere le proposte alternative. (fonte Il sole 24 ore)


"dalla stanza tutta per sé al mondo"

10 spunti per leggere, cambiare e agire

Le conversazioni nascono da un’idea di Simona Cleopazzo,
che ama il femminismo inclusivo, trasversale e radicato.
Sono incontri realizzati nelle case, nelle sedi delle
associazioni, nelle librerie. Organizzati col metodo del
"passaparola" (lo stesso usato per le dimostrazioni di
prodotti commerciali come cosmetici, aspirapolvere e robot
da cucina).

Il prodotto che offriamo però è una conversazione e un
percorso di lettura di libri di scrittrici e filosofe.
L'intento è quello di promuovere la lettura, di aumentare
la consapevolezza femminile e il pensiero in presenza.
Leggeremo e commenteremo testi di scrittrici, filosofe,
poete, femministe unite dal filo rosso della razionalità che
ci illumina e ci fa diventare meno sognatrici e più razionali.
Le conversazioni sono gratuite e adatte a tutt*.
Se ti va, ci puoi sostenere in vari modi.


le conversazioni a domicilio sul femminismo

"Dalla stanza tutta per sé al mondo"
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L'intento è quello di promuovere la lettura, di aumentare la consapevolezza femminile e il pensiero in presenza. Leggeremo e commenteremo i testi di scrittrici, filosofe, poete, femministe unite dal filo rosso della razionalità che ci illumina e ci fa diventare meno sognatrici e più razionali.
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