Basta orologi, ora servono i calendari di Teresa Musca

Il tempo (come misurarlo)
Gli orologi non mi servono, in questi giorni, anche se ogni tanto rivolgo uno
sguardo distratto allo Swatch grigio al mio polso e al quadrante verde sul muro della
cucina, per abitudine; un’occhiata al telefono prima di spegnere la luce e
dormire, per calcolare quanto sonno mi concede la sveglia, che regolarmente
ignoro dopo averla spenta con un gesto meccanico. I minuti che scorrono sullo
schermo del televisore, visualizzati con il telecomando, mi danno il ritmo per
sudare sulla cyclette. Il timer sul microonde mi dice quando assaggiare la
pasta per controllarne la cottura. Anche troppi orologi intorno, per segnare un
tempo che va per conto suo, respira in un modo che non conosco, gonfia e svuota la
bolla in cui vivo. Invece è necessario un calendario, per capire lo scorrere dei giorni, tutti troppo
uguali. Quanti ne sono passati da quando ho sentito parlare per la prima volta del
virus, troppo lontano per riguardarmi davvero, quanti dalla scoperta dei primi contagi in Italia, ancora abbastanza distanti, venivano dalla Cina, subito
individuati, isolati e curati.
Non segnavo i giorni sul calendario, solo le scadenze delle bollette.
Però ricordo il primo caso di un italiano, la comparsa della bolla grigia, quel venerdì
21, scacciata a forza per far posto alla musica. A cosa sarebbe servito fare brutti
pensieri?
Vicino, sempre più vicino, adesso ci riguarda tutti. Ma la vita scorre come al
solito, lavoro, studio, impegni, incontri. La gente vive, la gente muore, la gente si
ammala. La scuola chiude due giorni per sanificazione. La scuola sospende l’attività didattica in presenza dal 27 febbraio al 15 marzo, poi fino al 3 aprile.
Dobbiamo stare attenti ai contatti, niente più abbracci e baci o strette di mano,
stare a distanza di sicurezza, un metro o di più, evitare gli assembramenti, poi
ancora meno, sempre meno possibilità, non ci scambiamo più nemmeno sguardi e
idee o energie che non siano mediate da uno smartphone, da un tablet o da un
computer. Si esce solo per fare la spesa e la danza tra le corsie e i banchi del
supermercato è gentile e racconta che abbiamo cura di noi e degli altri.
Due domeniche fa ho visto le mie amiche, domenica scorsa ho ancora pranzato con
la mia mamma, che ha ottantaquattro anni e vive da sola. Anche oggi è
domenica, 15 marzo, i ragazzi sono ancora a letto. Ho pulito il terrazzo: mi sembrava
una cosa buona e utile. Faccio piccolissimi progetti per le prossime ore, prendo con
me piccolissimi impegni che forse non manterrò. Controllo quanti minuti di
telefonate mi sono rimasti, mi chiedo chi chiamerò oggi.
Vorrei aver segnato sul calendario il giorno che ho preso l’auto per andare a trovare il mare, quello in cui una meravigliosa luna piena mi ha sorpreso sorgendo gigante nel cielo buio. Il
tramonto neppure speciale che ho guardato distrattamente.
Ieri ho fatto il conto delle cose buone, domani continuerò questo inventario.

(articolo de Il Corriere della Sera del 6/04/20)